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La priorità a riforme costituzionali insabbia la nuova legge elettorale

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Corriere della sera”, 21 gennaio 2012

Sospettiamo che l’idea di considerare prioritarie le riforme costituzionali serva solo ad insabbiare la riforma elettorale, il provvedimento più atteso dagli italiani anche se il meno gradito ai vertici dei partiti. Se pure vi fosse un accordo su qualche progetto costituzionale – e non risulta che vi sia – sarebbe impossibile, da qui alla fine della legislatura, portare a termine le complesse procedure di approvazione delle leggi costituzionali che richiedono due successive deliberazioni con un intervallo superiore a tre mesi, quindi un voto a maggioranza assoluta delle Camere e, infine, la possibilità di ricorrere al referendum confermativo. La richiesta di partire dalle riforme costituzionali avanzata dal segretario del Pdl Angelino Alfano e dall’onorevole Giuseppe Calderisi non è altro che una cortina fumogena volta ad annebbiare le riforme possibili, tra cui quella elettorale che può essere varata con urgenza per gettare nella pattumiera il parlamento dei nominati. Anche i progetti del Pd e della Lega – il superamento del bicameralismo, la riduzione dei parlamentari e il completamento del federalismo –, quale che siano i giudizi di merito, sembrano più delle bandierine d’immagine che non degli obiettivi realmente perseguibili.

Gli archivi parlamentari sono pieni di riforme costituzionali fallite, nonostante la moltiplicazione delle commissioni espressamente dedicate. Figuriamoci se oggi, con le emergenze economiche e sociali sul tappeto, il parlamento si mette seriamente a discutere di riforme che non arriveranno mai in porto. Opportunamente il presidente della Repubblica sta svolgendo opera di persuasione morale affinché i partiti trovino una convergenza sul sistema elettorale che consenta ai presidente delle Camere di mettere la questione all’ordine del giorno senza ulteriori tentennamenti. E, se proprio si vuol fare qualcosa di utile per i cittadini, si affronti con legge ordinaria la normativa sulla democrazia interna ai partiti e sulle regole per le candidature elettorali. E, magari, si faccia anche un pensierino sul finanziamento pubblico ai partiti

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Massimo Teodori

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