sabato, Aprile 20, 2024

Tesoretti da sorvegliare

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“L’Espresso”, 16 febbraio 2012

Il furto (“l’appropriazione indebita”) di Luigi Lusi è solo l’estremo caso paradossale di un generale inquinamento della democrazia dovuto al perverso rapporti soldi/partiti. La maggiore causa dell’inquinamento non sta solo nella quantità abnorme di denaro che oggi affluisce ai partiti, ma anche – direi soprattutto – nel fatto che i finanziamenti arrivano ad un’unica cassa centrale controllata dal tesoriere, dal segretario e/o da un ristretto gruppo di persone costituite in oligarchie di potere finanziario che condiziona il gioco democratico.

Rimpinguano la cassa centrale dei partiti grandi e piccoli il cosiddetto “rimborso elettorale”, spesso moltiplicato per due, le decine di milioni mensili versati da parlamentari e portaborse, i contributi elevatissimi ai gruppi parlamentari italiani ed europei, e le centinaia di milioni per la stampa di partito. Se non si spezza questa continua accumulazione di denaro presso la tesoria centrale dei partiti, non c’è alcuna speranza di riguadagnare un corretto rapporto dentro i partiti, tra i partiti, e tra i militanti e le forze di riferimento.

Sarebbe opportuno muoversi in tre direzioni: primo, decentralizzare il finanziamento ai partiti, quali che siano le regole pubbliche o private (chi scrive è contrario al panstatalismo); secondo, regolamentare giuridicamente i partiti; terzo, rendere obbligatoria la regolamentazione delle entrate e delle uscite con rigorosissime sanzioni automatiche. Indipendentemente dalle leggi elettorali e di finanziamento che saranno adottate, occorre che le somme percepite dai partiti vadano solo in parte (per esempio, un quarto) al centro, mentre la restante parte dovrebbe essere destinata a chi effettivamente spende per propaganda ed elezioni, sia esso il livello regionale, circoscrizionale, di collegio o di candidatura individuale.

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La regolamentazione giuridica dei partiti e movimenti si rende necessaria per passare da una situazione anarcoide in balia dei potentati finanziari interni ed esterni ai partiti, ad una in cui vi sono delle regole che ogni iscritto, militante ed elettore può invocare. Più di una legge che imponga una simmetrica uniformità, basterebbe istituire una serie di semplici registri nazionali e locali sotto un’autorità indipendente sottratta ai controlli dei partiti.

Il terzo provvedimento dovrebbe riguardare l’obbligatorietà dei frequenti rendiconti (ad esempio, tre mesi) di entrate ed uscite collegati ai registri a cui i partiti locali e nazionali sono iscritti. Chi non osserva puntualmente la rendicontazione o dichiara il fals, automaticamente decade dal diritto di avere contributi e vantaggi fino al momento in cui si mette in regola.

Certo, l’italia è il paese dei trucchi. Ma l’adozione di questi provvedimenti per moralizzare gli scandalosi tesoretti che oggi i partiti accumulano. Potrebbe riguadagnare ai politici un po’ di quel consenso che sembrano avere completamente perso.

Massimo Teodori

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