giovedì, Aprile 25, 2024

Una legge che favorisce l’astensionismo e non recupera il malessere

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Per la nostra Costituzione la legge elettorale dovrebbe garantire innanzitutto il legame tra l’eletto e i suoi elettori. Chi viene eletto dovrebbe dare voce e rappresentanza politica a chi lo ha votato e a questi rendere conto degli impegni assunti in occasione della campagna elettorale. La riforma proposta continua a tradire questo concetto, come già faceva l’abrogato Porcellum. Essa, senza le preferenze o l’uninominale, priva i cittadini della possibilità di scegliere e lega i futuri eletti alla volontà delle segreterie dei partiti che li hanno designati, più spesso dei soli capi. E’ dominata dalla ricerca non di quello più utile all’Italia, ma del modo di vincere, di come depotenziare i partiti più piccoli e far fuori Grillo. E’ la ragione per cui Berlusconi e Renzi hanno accuratamente evitato di prendere a modello i sistemi elettorali, ad esempio il maggioritario francese e il proporzionale tedesco, di cui sono già sperimentate positivamente l’efficienza e la tenuta democratica. Come già confermano i sondaggi e i nuovi posizionamenti di forze politiche, la proposta fatta appare anche funzionale a far recuperare il ruolo a Berlusconi e a favorire la vittoria di un centro destra meglio predisposto a realizzare coalizioni. I promotori sostengono che la legge garantisce governabilità e stabilità politica. Certo, è un dato, positivo, che con essa qualcuno vince determinando una maggiore, anche se forzata, durata dei governi. Credo, però, che ciò non sia sinonimo della vera governabilità, quella che produce uno sviluppo equilibrato del Paese e che, in una democrazia matura, si realizza se le diverse sensibilità si sentano, tutte, coinvolte nelle scelte, attraverso maggioranze e opposizioni in competizione sana tra loro.
Ai partiti minori la legge progettata certamente complica l’esistenza, già resa difficile dal fatto che, in un’Italia debole e in profonda crisi, si vada alla ricerca di leader espressi non da selezioni vere, ma dalla televisione. C’è il fondato rischio che si alimenti l’astensionismo, ma questi partiti non si dissolveranno perché rappresentano culture, storie, sensibilità profondamente radicate nella società italiana. Sono convinto che possano comunque trovare la strada per riorganizzarsi e rilanciarsi, anche in forme nuove.
Il proponimento di ridurre il peso politico del Movimento Cinque Stelle attraverso il sistema elettorale credo che sia fallace. Gli italiani sono esasperati e nessuna legge potrebbe fermare il montare di una protesa e quindi la crescita dei Cinque Stelle. Il ridimensionamento di questo Movimento dipende molto da quello che fanno gli altri e da ciò che riesce a fare il governo.  Se si danno le risposte che gli italiani attendono sulle questioni dell’occupazione, della lotta agli sprechi, della corruzione e dell’evasione fiscale, se si offrono ai giovani motivi di speranza nel futuro, viene meno la ragione della sua stessa esistenza. Grillo questo lo sa, per cui, preoccupato che si facciano veramente le cose, rivendica un ricambio drastico e obbliga i suoi deputati e senatori a chiedere tutto e subito perché tutto resti uguale, anche a costo di bloccare l’attività del Parlamento e di porsi come un Movimento populista privo di un programma costruttivo.
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