Confessioni Forzate e Processi Truccati
La confessione. Dal racconto di M.P. Jakubovic (sopravvissuto a 24 anni di carcere):
«Offrendomi di sedere Krylenko affermò: non ho alcun dubbio che personalmente non siete colpevole di nulla.
Abbiamo ambedue compiuto il nostro dovere verso il partito. Vi ho sempre considerato, e vi considero un comunista.
Il mio compito sarà quello di pubblico accusatore al processo, e voi confermerete la deposizione resa durante gli interrogatori.
Questo è il nostro dovere verso il partito vostro e mio» .
Non esistevano prove contro gli imputati «tranne le loro confessioni».
Kamenev si accusò di «spregevole tradimento».
Analogamente Zinovev e Bucharin, nonostante ciò questi si dichiararono colpevoli di reati mai commessi perché era il partito a volerlo.
Ogni bolscevico aveva donato se stesso al partito.
Egli aveva rinunciato alla propria individualità per fondersi nel partito quale Superego collettivo.
Straziante quanto spaventosa l’affermazione di Lunaciarskij: «Nessun io singolo può essere tanto prezioso da non poter essere, sacrificato al nostro Noi» .
Il Profondo Legame Tra Individuo e Partito: Riflessioni di Trockij e Pjatakov
Per comprendere il profondo rapporto tra il partito e il militante, alcune dichiarazioni risulteranno molto utili.
Lev Trockij nel 1924, sosteneva: «Nessuno di noi desidera o è in grado di discutere la volontà del partito.
E’ chiaro che il partito ha sempre ragione […].
Noi possiamo avere ragione soltanto insieme con e a fianco del partito, perché la storia non ci ha fornito altro modo di essere nel giusto».
E ancora, da una dichiarazione di G. Pjatakov: «Secondo Lenin, il Partito comunista è fondato su un principio di coercizione che non riconosce alcun limite ne impedimenti.
Trockij e Pjatakov: Visioni Sulla Subordinazione al Partito
E l’idea centrale di questo principio di coercizione senza limiti non è la coercizione in se stessa, ma l’assenza di un suo qualunque limite — morale, politico, e persino fisico — a qualunque punto si arrivi.
Un simile partito è capace di compiere miracoli e di fare cose che nessun’altra collettività umana potrebbe fare […].
Un vero comunista […], cioè un uomo che è stato allevato nel partito e ne ha assorbito profondamente lo spirito, diventa lui stesso, in un certo modo, l’uomo del miracolo […] per un simile partito, un vero bolscevico scaccerà volentieri dalla propria mente idee in cui ha creduto per anni.
Il Concetto Leninista di Coercizione Illimitata nel Partito Comunista
Un vero bolscevico ha sommerso la propria personalità in quella della collettività, il partito, al punto da sradicarsi dalle proprie opinioni e convinzioni, e di concordare onestamente con il partito — questa è la prova che egli è un vero bolscevico.
Non può esserci vita per lui — prosegue Pjatakov — al di fuori dei ranghi del partito, ed egli sarà pronto a credere che il nero è bianco e che il bianco è nero, se il partito lo richiedesse.
Allo scopo di diventare tutt’uno con questo grande partito, egli si fonderà con esso, abbandonerà la propria personalità, in modo che non rimanga entro di lui neppure una particella che non sia tutt’uno con il partito, che non appartenga ad esso» .
La Fedeltà di Bucharin ai Principi Rivoluzionari
Lo stesso Bucharin pochi giorni prima del suo arresto, nonostante presagisse la sorte che gli sarebbe toccata, non rinnegò i principi che avevano guidato le sue scelte ne le procedure adottate.
Pur giudicando negativamente gli ultimi avvenimenti, egli riconfermò la sua fedeltà al partito e al suo capo.
L’ Eredità di Bucharin per le Generazioni Future
Alcuni giorni prima del suo arresto, Bucharin scrisse una lettera Alla futura generazione dei dirigenti di partito, chiedendo alla moglie, A.M. Larina, di impararla a memoria.
Quando la donna rientrò a Mosca dal confino, la mise per iscritto e nel marzo del 1961, allorché si cominciarono a stendere le prime formalità per la riabilitazione di Bucharin, ne inviò una copia alla commissione di controllo.
La Critica di Bucharin alla Deriva del Partito
«Sto per lasciare la vita, per perdere la testa — scriveva il leader bolscevico — non sotto la scure del proletariato, che può essere senza pietà, ma anche innocente nei suoi atti […] le grandi tradizioni della CEKA sono gradualmente cadute nell’oblio del passato, quando un’idea rivoluzionaria guidava tutte le sue azioni, giustificava la crudeltà verso i nemici, tutelava lo Stato contro ogni genere di controrivoluzione […].
Nubi tempestose si sono radunate sul partito.
La mia testa, colpevole o no, trascinerà con sé centinaia di teste innocenti.
La Difesa di Bucharin contro le Accuse False
Per tale motivo si è creata un’organizzazione, l’organizzazione buchariniana, che in realtà non esiste affatto adesso; dopo sette anni che non ho nemmeno l’ombra di un disaccordo col partito, ma che non esisteva neppure allora, negli anni dell’opposizione di destra […].
In questi giorni quel giornale che porta il nome sacro di “Pravda” pubblica la più vile menzogna: che io, Nikolaj Bucharin, ho voluto distruggere le conquiste di ottobre e restaurare il capitalismo.
L’ Apello di Bucharin per la Giustizia e il Riconoscimento
Si tratta di una calunnia inaudita, di una menzogna che potrebbe equivalere, come forma di insulto e di irresponsabilità verso il popolo, solo a questa dello stesso tipo: […] che Nikolaj Romanov ha dedicato tutta la vita a combattere contro il capitalismo e la monarchia […].
Non sono mai stato un traditore; senza esitare avrei dato la mia vita per Lenin, amavo Kirov e non ho macchinato niente contro Stalin.
Chiedo alla nuova, giovane e onesta generazione dei dirigenti di partito di leggere questa mia lettera al plenum, di assolvermi e di reintegrarmi nel partito» .