Prima della Rivoluzione (1901-1917)
Prima della rivoluzione, nel 1901, Lenin scriveva: «In linea di principio, noi non abbiamo mai rinunciato e non possiamo rinunciare al terrorismo.
E’ un’operazione militare che può perfettamente riuscire ed essere persino necessaria, in un determinato momento della battaglia» .
In seguito, il leader bolscevico giustificherà il ricorso al terrore, sottolineando che la parola d’ordine dei bolscevichi, durante la rivoluzione, non poteva che essere «quella della lotta senza quartiere, del terrorismo» , e che «il terrore e la CEKA erano cose assolutamente indispensabili».
Il terrore leniniano proseguì incessante anche dopo la presa del potere. Dopo i bianchi si procedeva all’eliminazione dei menscevichi.
Il Terrore Come Strumento di Lotta Rivoluzionaria
Nel giugno e nel luglio del 1918, Lenin impartiva le seguenti istruzioni:
«Compagno Zinovev, solo oggi abbiamo appreso al Comitato centrale che a Pietrogrado gli operai volevano rispondere all’assassinio di Volodarskij con il terrore di massa e che voi li avete trattenuti.
Protesto decisamente […]. Bisogna stimolare forme energiche e massicce del terrore contro i controrivoluzionari […] bisogna tendere tutte le forze, costituire un triumvirato, instaurare subito il terrore di massa […] deportazioni in massa dei menscevichi e degli elementi infidi» .
Le indicazioni leniniane furono eseguite: durante la seconda metà del 1918, furono fucilate oltre 6.000 persone; caddero vittime del terrore anche contadini e operai.
La CEKA e il Terrore di Massa
Un’efficace descrizione del terrore leniniano è riportata nel volume Storia dell’URSS. Gli autori — Michail Geller e Aleksandr Nekric — scrivono:
«Per Lenin, che avversava il terrorismo individuale, il terrore di massa era un metodo indispensabile per costruire la società socialista».
Il terrore di massa contro i contadini è documentato da una risoluzione del Consiglio della difesa operaia e contadina del 15 febbraio 1919, in essa si afferma: «Che è necessario prendere ostaggi fra i contadini perché, se non viene spazzata la neve, vengano fucilati».
Il terrore colpiva anche gli operai. Infatti — documentano Geller e Nekric — «tutti gli operai scontenti del nuovo potere venivano definiti “non operai”.
Non erano proletari “puri”, ma erano contaminati dalla mentalità piccolo-borghese.