La tradizione giustificazionista
Ancora la tradizione giustificazionista tende ad addossare unicamente a Stalin la responsabilità politica e morale dei processi condotti nella totale violazione di ogni forma di legalità giuridica.
Ma Stalin non poteva sentirsi vincolato ad alcuna forma di legalità e, tantomeno, a quella borghese.
I concetti giuridici ai quali egli doveva attenersi erano già stati indicati da Lenin, e il pubblico accusatore Krylenko li aveva così sintetizzati:
«In tempo di guerra civile è criminale non solo l’azione [contro il potere sovietico] ma anche l’inazione […].
Le finezze giuridiche non occorrono perché non occorre chiarire se l’imputato sia colpevole o innocente; il concetto di colpevolezza, vecchio concetto borghese, è stato adesso sradicato […].
Quali che siano le qualità individuali [dell’imputato] gli si può applicare un unico metodo di valutazione, ed è quello fatto dal punto di vista della convenienza di classe» .
Le basi legislative
Le basi legislative — espressione eufemistica per intendere il totale arbitrio— sulle quali poggeranno i processi erano state codificate da Lenin in persona.
Questi, nel 1922, volle che fosse inserito nel codice penale un articolo che prevedeva le pene più severe contro coloro che «aiutano oggettivamente o possono aiutare la borghesia mondiale».
Con l’introduzione di questo articolo Lenin aveva gettato le basi della legislazione tipica di un sistema totalitario.
Arrivando a decretare la pena di morte per coloro che esprimevano opinioni che potevano «aiutare oggettivamente la borghesia», di fatto, egli aveva privato il cittadino di ogni difesa giuridica nei confronti dello Stato.
Contestazioni alla politica economica di Stalin
Nessuno, tra gli storici giustificazionisti contesta la politica economica di Stalin. Semmai gli contestano le procedure adottate.
Essi sostengono che la statizzazione dell’economia doveva procedere nei limiti previsti dalla NEP.
Anche in questo caso, essi ritengono Stalin colpevole di aver deviato dalle indicazioni leniniane.
Il punto di vista di L. Kolakowski
Non è dello stesso parere L. Kolakowski. Questi sostiene che «Stalin realizzò il marxismo-leninismo nell’unico modo possibile» .
«Non esistevano — scrive — altre soluzioni economiche e vi erano soltanto due alternative:
o ritornare completamente alla NEP e liberalizzare il commercio assicurandosi la produzione agricola e le consegne di grano in pieno rispetto delle leggi di mercato, oppure perseguire coerentemente il corso già avviato, liquidando l’economia agricola privata nonché l’intera classe contadina con l’uso del terrorismo militare e poliziesco».
Stalin adottò la seconda soluzione, la più coerente con l’ideologia sulla quale poggiava il sistema sovietico.
Infatti
— spiega Kolakowski —
«la dottrina marxista-leninista insegnava che il socialismo poteva essere edificato soltanto tramite l’assoluta centralizzazione del potere sia economico che politico;
che la distruzione dei mezzi privati di produzione sarebbe stato lo scopo prioritario dell’umanità e il dovere principale del sistema più progredito del mondo; il marxismo prometteva una completa fusione della società civile con lo Stato.
Stalin realizzò quindi il marxismo-leninismo nell’unico modo possibile: rafforzando la dittatura sulla società e cioè, per essere più chiari, liquidando tutti i rapporti sociali non statalizzati e tutte le classi, quella proletaria inclusa».
La politica economica di Stalin come realizzazione delle indicazioni marx-leniniane
La politica economica adottata da Stalin rappresentò, dunque, la fedele esecuzione delle indicazioni marx-leniniane.
La NEP era stata una temporanea «ritirata strategica».
Esemplificative le seguenti dichiarazioni di Preobrazenskij:,. «i nepman non sono ancora una classe e non li lasceremo diventare tali.
Il Passaggio all’Offensiva di Stalin
Sono individui che mirano ad approfittare della situazione per godere e per arricchire […].
Siamo troppo forti noi: possiamo giocare con loro come il gatto col topo […] li nutriamo oggi, i nepman, come i patrizi romanifacevano con le murene.
Con questa differenza, che noi li nutriamo con la loro stessa carne: lasciamo che si divorino reciprocamente.
Il più grosso mangia il più piccolo […]. Ma li conosciamo tutti, questi squali, e la loro vita è nelle nostre mani: un bei giorno chiuderemo gli sbocchi e faremo una colossale retata […] sarà la nuova fase della rivoluzione» .
La Distruzione del Mercato da Parte di Stalin
Lo stesso Lenin, con riferimento alla NEP, aveva spiegato:
«Il mercato privato si è dimostrato più forte di noi, [ponendoci di fronte al] problema della nostra stessa esistenza:
[ci siamo trovati] nella situazione di chi è ancora costretto a ritirarsi, per poter poi passare, finalmente, all’offensiva». Ed è proprio ciò che fece Stalin. Egli passò all’offensiva.
Lenin, nella Questione agraria in Russia, aveva spiegato: «quanto al socialismo, è noto che esso consiste nella distruzione dell’economia di mercato […] se rimane in vigore lo scambio è persino ridicolo parlare di socialismo».
La Lotta Implacabile Contro il Capitalismo e lo Sfruttamento
E Stalin distrusse il mercato. Lenin aveva precisato:
«Noi diamo veramente battaglia al capitalismo e diciamo che, quali che siano le concessioni alle quali ci costringe, siamo tuttavia per la lotta contro il capitalismo e lo sfruttamento.
E lotteremo in questo campo implacabilmente […] se riusciremo in questa lotta non ci sarà ritorno al capitalismo, al precedente punto, a tutto ciò che vi è stato nel passato.
Questo ritorno sarà impossibile, bisogna soltanto fare la guerra alla borghesia, alla speculazione, alla piccola proprietà […].
Quando avremo strappato i contadini alla proprietà e li avremo iniziati al nostro lavoro statale, allora potremo dire di aver compiuto una parte difficile del nostro cammino» .
Lo Strappo dei Contadini alla Proprietà da Parte di Stalin
E Stalin strappò «i contadini alla proprietà».