Vorrei proporre qui le aspettative e le speranze di un laico di fronte al dibattito sui cattolici in politica che interessa anche chi non appartiene a quella tradizione. Per ricostruire le basi morali e civili della politica italiana, è più che mai indispensabile, oggi, rianimare quel dialogo tra cultura politica laica e cattolica che è stato disseccato dalle strategie di palazzo che nella “Seconda Repubblica” hanno guidato le gerarchie ecclesiastiche. Non va dimenticato che il rapporto di De Gasperi con i partiti laici, in contrasto con Pio XII e Luigi Gedda, si ispirò all’idea alta del nesso tra religione, cultura e politica; e che a qualcosa di analogo si conformarono quei settori del mondo cattolico che nel 1974, dominante Moro, votarono per il mantenimento del divorzio contro la strumentalizzazione politica della Chiesa tentata da Fanfani.

Dopo la fine della Dc, è prevalsa nei cattolici in politica, almeno nelle espressione centrali ed ufficiali, – pur nella varietà delle posizioni – la linea del cardinal Ruini tendente a condizionare l’intero arco politico, incluso il Partito democratico, sempre pronto a rinverdire il connubio anti-laico tra cattolici e comunisti (articolo 7 della Costituzione) che oggi viene riproposto da alcuni intellettuali tardo togliattian-ingraiani. Ma il punto dolente degli ultimi diciassette anni è stato soprattutto l’appoggio indiscriminato delle gerarchie al partito berlusconiano, a vocazione tutt’altro che cristiana, in ragione dello scambio di potere basato su privilegi materiali e leggi integraliste.

Se i cattolici vogliono riconquistare il ruolo che spetta loro come significativa forza culturale e sociale per l’intera nazione, non possono pretendere di imporre sul terreno politico-istituzionale a tutti, credenti e non credenti, ciò che le gerarchie e i loro compagni di strada – atei devoti ed ex-laici divenuti neo-clericali – chiamano i “valori non negoziabili”. Su questo principio ha insistito a Todi il cardinal Bagnasco: ma una cosa è la “non negoziabilità” dei princìpi sul terreno della fede per il credente, e un’altra è la spada pendente sul cattolico in politica che gli impedisce l’onesta convivenza con chi la pensa in maniera diversa. Una democrazia liberale non può assumere nella legislazione positiva principi dottrinali assoluti in cui si riconosce solo una parte della comunità nazionale. Uno Stato laico è per sua definizione neutrale, il che non significa affatto che è privo di valori ed idealità.

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Se i cattolici ritengono utile un dialogo fecondo con le componenti laiche, devono abbandonare l’idea che la loro dottrina religiosa è la sola agenzia di rigenerazione morale presente in questo momento di crisi. Per la ricostruzione della politica italiana, distrutta dal berlusconismo e dall’antiberlusconismo, occorre che l’umanesimo laico, liberale e riformatore, grande forza modernizzatrice dell’Italia repubblicana, possa incontrare un umanesimo cristiano che – indipendentemente dalle formule pre-politiche o politiche – si presenti scevro da spinte integraliste e dalla dipendenza politica dai dettami assolutistici clericali.

Massimo Teodori