venerdì, Aprile 19, 2024

Papa Francesco e l’esaltazione della povertà!

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Il termine pontefice deriva dal latino, pontifex, cheletteralmente significa facitore di ponti. Esso indica tradizionalmente la funzione di collegamento tra il mondo materiale, sensibile e quello spirituale e sovrasensibile. Nella Roma delle origini il pontefice racchiudeva in sé il potere regale e quello sacerdotale mentre solo con l’avvento del cristianesimo, in Occidente, tale titolo viene conferito al capo della Chiesa cattolica, inteso come rappresentante di Dio in terra. Dalla nascita della Chiesa fino ad oggi, si sono succeduti oltre un centinaio di papi (262 per l’esattezza), i quali, ognuno in modo particolare, hanno contribuito ad espandere tra tutti i paesi il messaggio ecumenico del Vangelo. L’attuale Papa Francesco, forse più degli altri, sta usufruendo intelligentemente dei moderni mezzi di informazione per divulgare la Parola di Gesù e concedere consolazione e conforto a chi oggi è vittima del precariato e della globalizzazione, in nome di una Chiesa più moderna e più vicina alle sofferenze dei sui fedeli.
Infatti, in un’ultima intervista rilasciata per il quotidiano Il Messaggero, il Vescovo di Roma ha lanciato il suo nuovo slogan: «Marx non ha inventato nulla». In realtà, secondo il Santo Padre i comunisti hanno derubato alla Chiesa cattolica il vessillo della povertà, «la bandiera dei poveri è cristiana». Altro che modernità, altro che progressismo! Le due Chiese, quelle di Cristo e quella del filosofo di Treviri, si scontrano, ancora oggi, su chi sia il vero protettore degli ultimi e dei diseredati. Con tali affermazioni, però, sembra che il Papa piuttosto che strizzare l’occhio al pensiero moderno, al mito della ricchezza e del benessere materiale, stia tornando indietro di secoli.
Si sta tornando verso il cristianesimo delle origini? Se la risposta è positiva, ovviamente, le analogie tra il primo cristianesimo e il marxismo sarebbero innumerevoli, anzi, si tratterebbe di una vera è propria riproposizione di valori etici, che hanno già segnato, a ferro e fuoco, l’Europa, e non solo. Entrambe le religioni, quella cristiana e quella marxista, convinte dell’ineluttabile fine del mondo, prospettano il ritorno dell’uomo nell’Eden e, di conseguenza, il suo ricongiungimento con quella che è considerata la sua essenza, con Dio per i primi con il genere umano per i secondi.
La critica sociale mossa dalla Chiesa di Bergoglio è chiara ed inequivocabile, estremizza alcune posizioni già affermatesi con alcuni Papi precedenti, quali Roncalli e Wojtyla. I suoi attacchi sono rivolti alla politica e al sistema economico capitalistico. Richiamando il Papa Paolo VI, Papa Francesco afferma che «la missione della politica resta una delle forme più alte della carità». La politica si identifica, quindi, con la carità, ma non una carità semplice bensì materna. Infatti, è come se «l’Europa si fosse stancata di fare la mamma – asserisce il pontefice – preferendo fare la nonna». Il Papa riprende la concezione materna della Chiesa e la capovolge sull’Europa, la quale costantemente in bilico tra gli squali delle agenzie di ranking e i piranha nazionalisti deve anche accudire ai propri figli, aiutando i più bisognosi, con quel calore che solo l’abbraccio di una madre può dare.
Che cosa succede, quando il figlio diviene maggiorenne e vuole intraprendere la sua strada, forse, in contraddizione con le attese della madre, che, molto più del padre vede nei propri figli degli eterni bambini? La risposta è molto semplice, gli europei non cresceranno mai. Una madre ti coccolerà sempre, ti proteggerà dalle avversità, che la vita per forza di cose ti metterà davanti e alimenterà i tuoi sogni affinché tu possa sempre credere. Una madre non ti abbandonerà mai. Ma se queste frasi al miele, farebbero arrossire e riempire di orgoglio la propria madre, dal punto di vista politico risultano distruttive e degenerative. E così, soprattutto in Italia, abbiamo la creazione e la richiesta di ammortizzatori sociali e scuole di specializzazioni post-lauree, che permettono ai giovani di prolungare la propria  adolescenza, continuando a coltivare i propri sogni di gloria, senza scontrarsi con il fallimento, la finitudine e la competizione in campo lavorativo. L’umanità, seppur colta, sembra presentarsi come una massa di diseredati e di peccatori, che resta stretta nella morsa affettiva, così stretta da togliere il fiato, di Madre Chiesa e Padre Stato.
Tornano alla mente, le accuse rivolta da Nietzsche, ne L’Anticristo, al cristianesimo, il quale «ha preso le parti di tutto quanto è debole, abietto, malriuscito; della contraddizione contro gli istinti di conservazione della vita forte ha fatto un’ideale; ha guastato persino la ragione delle nature intellettualmente più forti, insegnando a sentire i supremi valori dell’intellettualità come peccaminosi, come fonti di traviamento, come tentazioni»[1].
Le ferite, che un fallimento può provocare in campo economico o lavorativo, sono curate con l’elogio al pauperismo. «La povertà è al centro del Vangelo» afferma il Sommo Pontefice e «non si può capire il Vangelo senza capire la povertà reale, tenendo conto che esiste anche una povertà bellissima dello spirito: essere povero davanti a Dio perché Dio ti riempie. Il Vangelo si rivolge indistintamente ai poveri e ai ricchi. E parla sia di povertà che di ricchezza. Non condanna affatto i ricchi, semmai le ricchezze quando diventano oggetti idolatrati. Il dio denaro, il vitello d’oro».
Non tanto diverse appaiono le parole di Marx, riguardo al denaro; «quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere […]. Poiché il denaro, in quanto è il concetto esistente e in atto del valore, confonde e inverte ogni cosa, è l’universale confusione e inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato, la confusione e l’inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato, la confusione e l’inversione di tutte le qualità umane»[2]. La povertà, però, non è l’antitesi di un processo dialettico né il passepartout per il Paradiso. Essa è una situazione esistenziale, un dato obiettivo, oggetto di studio dell’economia e non cela dietro di sé alcun valore morale. Tutte le preoccupazioni della Chiesa, guidata da Bergoglio, sono dirette verso i problemi sociali, economici e politici, tralasciando completamente il lato trascendente e spirituale. In questo modo, il Santo Padre sta indiscutibilmente portando la Chiesa cattolica verso le sue origini, verso il primo cristianesimo, che rappresenta un fermento rivoluzionario egualitario, una sorta di socialismo avant letre. La Chiesa, quindi, non solo è restia ancora ad accettare la modernità ma allo stesso tempo, con una sorta di salto mortale all’indietro, permette quel processo di secolarizzazione, che tanto l’angustia, preferendo parlare di lavoro piuttosto che di Dio.
L’invito che si vuole rivolgere a Papa Francesco è di non perdersi tra le acque in tempesta delle riforme economiche né di usare come bussola l’esaltazione della povertà, con lo scopo di ricondurre l’umanità sull’isola del lontano passato, quanto piuttosto di ricostruire quel ponte con il divino, oppure dobbiamo pensare che, nonostante tutto, i cieli siano vuoti e Dio sia morto sul serio?

[1] F. Nietzsche, L’Anticristo. Maledizione del cristianesimo, Adelphi Edizioni S.p.a., Milano 2005, p. 6.
[2] K. Marx, Manoscritti economici e filosofici del 1844, cit., p. 119- 121.
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Vito Varricchio
Vito Varricchiohttps://www.politicamagazine.it/author/vito-varricchio/
Docente di Storia e istituzioni dell' Africa e di storia delle dottrine politiche.
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