Vincenzo Cuoco e il totalitarismo giacobino

Per gentile concessione dell’autore e della redazione Archivio Storico del Sannio , riceviamo e pubblichiamo volentieri di seguito il saggio del prof. Ludovico Martello Vincenzo Cuoco e il totalitarismo giacobino ( tratto da Archivio Storico del Sannio anno XII n°1 gennaio - giugno 2007 ESI Napoli)

0
709
Indietro
Successivo

Libertà individuale e Stato centralizzato

A questo punto della riflessione, l’autore dei Frammenti, richiama la memoria storica della democrazia degli antichi quale fonte di legittimità: << noi abbiamo – egli ricorda – nella nostra nazione la miglior base di un governo repubblicano: base antica nota e cara al popolo, …>>.77 Su questa base, sui costumi politici della Roma repubblicana Cuoco ritiene che si debba fondare << l’edifizio della sovranità del popolo. >>.78 Egli, se fosse realizzabile, conferirebbe la sovranità al popolo nei termini previsti dalle procedure della democrazia diretta: << nel vero governo democratico il legislatore dovrebbe essere il popolo stesso; >>,79 ma << siccome un tal sistema si crede, ed è, impraticabile in una nazione che abbia cinque milioni di abitanti ed occupi troppo vasta estensione di terreno, così – egli conclude – ai comizi si è sostituita la rappresentanza.>>.80

La rappresentanza, per quanto accettata, resta, comunque, il minore dei mali. Visto che risulta non eludibile, si faccia, almeno, in modo che i rappresentanti interpretino, quanto più fedelmente possibile, i bisogni dei rappresentati. << Poiché dunque è necessario far uso dei rappresentanti, facciamo che essi rappresentino il popolo, – egli esorta – e che la loro volontà sia quanto più si possa legata alla volontà popolare; rendiamoli responsabili dei loro voti; facciamo sì che il popolo possa chiederne conto, che almeno possa saperli; mettiamoli almeno nella necessità di consultare il popolo.>>. Affinché una tale necessità si materializzi, Cuoco propone di eliminare dal progetto di costituzione in esame l’articolo che recita: << ciascun rappresentante, rappresenta non già il dipartimento che lo elegge, ma tutta la nazione napoletana >>.81 In alternativa, Cuoco suggerisce, quindi, una sorta di mandato imperativo per gli eletti; a sostegno della sua proposta, evidenzia che << presso gli inglesi il rappresentante rappresenta la città ed il borgo da cui viene eletto, e se non riceve degli ordini, almeno riceve delle istruzioni.>>. 82 In assenza di un mandato imperativo da parte degli elettori << ciascun rappresentante – egli spiega – non è responsabile di veruna opinione, sebbene sia divenuta legge ed abbia formata l’infelicità di una nazione intera.>>.83 Non ci si potrà, poi, lamentare, egli domanda, se con l’applicazione dell’articolo in questione << la nazione napoletana (…) si lagnerà che la sovranità sia stata trasferita da Ferdinando in una assemblea di duecento persone ? Essa al certo non l’avrà riacquistata.>>.84 Diversamente, egli scrive, esplicitando la sua proposta di rappresentanza : << Ciascuna popolazione dunque, convocata in parlamento ( questo nome – precisa lo studioso molisano con un accento di civetteria sciovinista – mi piace più di quello di “assemblea”: esso è antico, è nazionale, è nobile; il popolo l’intende e l’usa: quante ragioni per conservarlo!), eleggerà i suoi municipi. Essi avranno il potere esecutivo delle popolazioni, saranno i principali agenti del governo, e dovranno rendere conto della loro condotta al governo ed alla popolazione. La loro carica durerà un anno. Tu vedi bene – egli conclude, rivolgendo il suo appello all’amico Russo – che fino a questo punto altro non farei che rinnovare al popolo le antiche leggi. >>.85

Custodire la sovranità popolare, e fondarla sull’identità culturale di quello stesso popolo, devono essere, secondo Cuoco, i compiti principali di un legislatore. Salvaguardare la sovranità popolare è necessario per preservare le libertà individuali dall’ingerenza di uno stato accentratore e pedagogico. Garantire l’esercizio delle libertà individuali è la tensione intellettuale costante che attraversa e lega tutti i brani dei Frammenti. << La legge è la volontà generale; ma – argomenta l’autore rivolgendosi all’amico Russo – mentre che la nazione ha la sua legge, ciascun individuo ha la sua volontà particolare, e la libertà altro non è che l’accordo di queste due volontà. L’uomo solo è sempre libero, perché la sua legge non è che la sua stessa volontà individuale. Allorché più uomini si riuniscono in nazione, la volontà generale rimane sempre unica, ma cresce il numero delle volontà individuali in ragion dell’aumento del numero degli individui; crescono col numero le dissomiglianze tra le due volontà, e colle dissomiglianze crescono i malcontenti e gli oppressi.questa è la ragione per cui durar non possono le grandi repubbliche, essendo impossibile che tante volontà individuali possano tutte andar di accordo colla generale, sarà inevitabile o che ciascuno dia sfogo alla sua volontà individuale, ed allora – egli conclude – lo Stato cadrà nell’anarchia; o che vi sia una forza, la quale costringa l’uomo ad ubbidire anche suo malgrado: questa forza dovrà essere diversa dalla forza del popolo, e l’uomo allora non sarà più libero: sarà licenzioso o schiavo.>>.86

Certamente non si può consentire che lo Stato precipiti in preda all’anarchia. Nondimeno, Cuoco ricerca la soluzione che tuteli – val la pena di ribadirlo – la libertà individuale da uno Stato omnipervasivo ed oppressivo che tramuterebbe i governanti in sudditi. Egli avverte << il pericoloso riapparire, nella costituzione di Pagano, – spiega Ferrone, severo critico del pensiero cuochiano – dell’odiata filosofia, di matrice assolutistica, di un forte Stato centrale capace di avvilire le energie e le libertà locali a favore di semplici funzionari inviati dalla capitale. >>.87 Cuoco intuisce e denuncia, con quasi due secoli di anticipo rispetto al tragico esperimento sovietico, gli esiti liberticidi e la degenerazione burocratica di uno Stato centralizzato che << volendo tutto far da solo, o non ha fatto nulla, o ha fatto tutto male.>>.88 Ed ancora, rivolgendosi all’amico Russo, con tono allarmato e quasi implorante, scrive: << Se tu restringi tutto al governo, farai sì che un occhio solo, un sol braccio, da un sol punto debba fare ciò, che vedrebbero e farebbero mille occhi e mille braccia in mille punti diversi. Quest’occhio unico non vedrà bene, lento sarà il suo braccio; dovrà fidarsi di altri occhi e di altre braccia, che spesso non sapranno, che spesso non vorranno né vedere né agire: tutto sarà malversazione nel governo, tutto sarà languore nella nazione. >>.89 Al fine di scongiurare un tale stato di cose, Cuoco suggerisce di frammentare il potere dello Stato. Egli fonda e legittima la sua proposta sull’ Europa dei Comuni, << delle potenti città di origine medievale, forti perché politicamente autonome, >>90 esse avevano << garantito crescita, sviluppo civile e diffusione della ricchezza.>>.91 Cuoco avanza, quindi, l’ipotesi di una sorta, come accennato in precedenza, di repubblica federativa. Rivolgendosi, ancora, all’amico Russo, e, simulando, con artificio retorico, da parte di questi l’ovvia domanda: << Tu dunque vorresti una repubblica federativa ?>>, egli risponde: << No: so gl’inconvenienti che seco porta la federazione; ma siccome dall’altra parte essa ci dà infiniti vantaggi, così amerei trovar modo di evitar quelli senza perdere questi. Vorrei conservare al più che fosse possibile l’attività individuale verso il massimo bene della nazione. >>. 92 Il totale dispiegamento dell’attività individuale, regolamentato, certo, ma libero da forme coercizione statali, dovrà garantire, nel progetto dell’autore dei Frammenti, la poliarchia politica, il libero gioco catallattico, l’adesione spontanea al sistema sociale in tutte le sue articolazioni istituzionali. << Io non voglio altra uniformità che nell’amor di patria. – Egli afferma e prosegue – Che m’importa che ciascun operi a suo modo, quando le operazioni di ciascuno, diverse tra loro, tendono tutte al bene generale? Tanto meglio – egli conclude con accento accorato – se la massima libertà della patria si ottenga conservando la massima libertà dell’individuo! Allora l’amor sociale sarà l’amor di se stesso. >>.93

Indietro
Successivo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui
Captcha verification failed!
Punteggio utente captcha non riuscito. Ci contatti per favore!