Il governo e le leggi: potere esecutivo e potere legislativo
Alla forma centralizzata dello Stato, contenuta nel progetto costituzionale di Pagano – in esso, infatti, si conferiva il potere legislativo ad un corpo unico di eletti, composto da centosettanta rappresentanti l’intera nazione, ed eletti nel numero di dieci per ogni dipartimento, divisi in due Camere con compiti differenziati –; Cuoco contrappone un’ipotesi istituzionale che prevede due parlamenti: il primo municipale, che dovrà legiferare nell’ambito esclusivamente locale ( dai lavori pubblici alla formazione e riscossione dei tributi); il secondo nazionale, composto da un rappresentante, eletto da ogni cantone, con mandato imperativo e vincolante. L’autore del Saggio, con questa ipotesi, riduce in frantumi il potere legislativo e ne sposta l’essenza e le conseguenze dell’esercizio dal centro alla periferia. << Non potendo i parlamenti municipali far legge generale – egli spiega – (…) che altro potranno fare se non il bene; poiché ciò che è male è male da per tutto, ed o presto, o tardi, diviene oggetto della legge generale >>.94
Pagano e Cuoco elaborano due diversi processi per la produzione legislativa in quanto affidano alle leggi diverse funzioni sociali. Il primo ritiene che le leggi debbano educare, modificare, migliorare le naturali disposizioni dei comportamenti umani. Il secondo, in contrasto con l’atteggiamento utopistico e pedagogico del costituzionalismo illuministico, giudica inattuabili ed oppressive le leggi << troppo filosofiche >>, elaborate senza tenere in giusto conto – giudizio questo già formulato nelle pagine precedenti – i bisogni concreti ed i costumi del popolo. Cuoco, anche nei Frammenti come nel Saggio, ritiene che le costituzioni non debbano proporre diritti universali, ma, piuttosto, norme realizzabili che non inducano i governati a barattare i propri diritti. << Io non credo – egli ribadisce – la costituzione consistere in una dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. E chi non sa i suoi diritti? Ma gran parte degli uomini li cede per timore; grandissima li vende per interesse: la costituzione è il modo di far sì che l’uomo sia sempre in uno stato da non essere indotto a venderli, né costretto a cederli, ne spinto ad abusarne. >>.95 Più apprezzabile delle astratte proclamazioni dei diritti risulta essere – a giudizio dell’autore dei Frammenti – li loro concreto esercizio. << Io distinguo – egli precisa – in ogni forma di governo il diritto dell’esercizio del diritto. L’oggetto del diritto è la felicità pubblica, ma essa non si ottiene se non esercitando i diritti. La costituzione più giusta è quella in cui ciascuno conserva i diritti suoi; ma quella sola costituzione, in cui l’esercizio di questi diritti produce la felicità, merita il nome di costituzione regolare. E’ facile – egli prosegue, tagliando il nodo di Gordio delle dispute filosofiche sulla natura del contratto sociale – rimontare all’origine, analizzare la natura del contratto sociale, far la dichiarazione de’ diritti dell’uomo e del cittadino; ma far che l’uomo non sempre saggio e di rado giusto, non abusi de’ diritti suoi, o ne usi sol quanto richieggia la felicità comune, hoc opus hic labor. Quindi io reputo quasichè inutili tutte le ricerche che si fanno per sapere quale sia il più giusto de’ governi; non ne troveremo allora nessuno: contentiamoci di sapere quale sia il più regolare. Spesso – egli afferma – noi perdiamo il governo regolare per volere cercare il giusto. Il governo democratico – spiega, rivolgendosi all’amico Russo – (tu intendi bene che il nostro non è tale) potrà forse essere il più giusto, ma non può esser regolare se non dove il popolo sia saggio; il monarchico potrà non esser giusto, ma, ogni volta che il monarca sia saggio, è sempre regolare. Ma – egli conclude – un sovrano saggio sul trono è meno raro di un popolo saggio ne’ comizi.>>.96
Ferrone, anche se letteralmente inorridito dalle tesi del costituzionalismo cuochiano, risulta, però, essere lo studioso che meglio di molti altri le ha comprese. << Una costituzione seria – egli spiega, elaborando, ancora una volta un’ efficace sintesi del pensiero dello studioso molisano – avrebbe dovuto occuparsi delle concrete libertà individuali, della ripartizione dei poteri, dell’equilibrio delle forze e degli interessi, delle tasse, sempre più rispecchiando la storia, i costumi, le tradizioni, il carattere di una nazione. Il mito, rinnovato dagli illuministi, del “governo delle leggi”, contrapposto al governo degli uomini, non lo convinceva per niente. (…). Le leggi da sole non garantivano nulla. – prosegue Ferrone, riportando con onestà intellettuale il pensiero dell’autore del Saggio storico … – E meno ancora garantivano quelle leggi che non riflettevano il contesto storico: fatte arbitrariamente sulla base di pochi principi eterni e universalmente validi per tutti i popoli della terra, come sostenevano i giusnaturalisti napoletani della scuola di Filangieri. (…). Ed era proprio il celeberrimo autore della Scienza della legislazione, – egli conclude – il laico santo protettore della rivoluzione napoletana del ’99, il vero obiettivo polemico di Cuoco: il convitato di pietra degli immaginari dialoghi a distanza messi in scena nei Frammenti >>.9
Ferrone coglie nel suo più profondo significato, pur non condividendolo, il giudizio negativo nei confronti del razionalismo giuridico di Filangieri espresso da Cuoco nei Frammenti quando questi afferma: << Forse non siamo stati mai tanto lontani dalla vera scienza della legislazione quanto lo siamo adesso, che crediamo di averne conosciuti i principi più sublimi,>>.98Filangieri è indicato da Cuoco quale responsabile per aver esaltato il nuovo diritto universalistico e cosmopolita ai danni del modello di costituzione materiale e giurisprudenziale Romano. << Filangieri – spiega lo studioso molisano – accusa i romani di uno smoderato amore di particolarizzazione, che essi mostrano in tutte le loro leggi; e non si avvede che su di esso era fondata la loro libertà. La costituzione romana era sensibile, viva, parlante. (…). I principi troppo sublimi e troppo universali – egli conclude – rassomigliano alle cime altissime dei monti, donde più non si riconoscono gli oggetti sottoposti. >>.99
Pagano, suggestionato dagli insegnamenti di Filangieri, aveva elaborato un progetto costituzionale, oltre che utopistico, anche foriero di conflitti fra i diversi poteri, e fra i governanti ed i governati. Fissare, come aveva fatto l’autore del Progetto, per <<massima costituzionale>> il diritto del popolo all’insurrezione – avverte Cuoco – <<non avrebbe potuto produrre altro che la guerra civile.>>.100 La Carta, inoltre, non tracciava – a giudizio di Cuoco – i compiti ed i confini precisi fra il potere esecutivo ed il potere legislativo. << Molte massime, di quelle che noi crediamo assiomi delle scienze politiche – osserva l’autore dei Frammenti – mi sembrano inesatte. (…). Si è creduto che il potere esecutivo diminuisca di forza in ragione che cresce il numero delle persone alle quali è affidato; e tutta l’opera dei nostri filosofi è stata quella di determinare il numero degli individui dei quali debba comporsi un dato governo, (…) – [Ma .n.d.r.] egli nota – Quando si è ricercata la proporzione tra il numero delle persone e l’attività, non si è avvertito che il potere esecutivo ha due parti distintissime tra di loro. Dopo che si sarà determinato ciò che si debba fare, prima di farlo convien discutere come far si debba. La prima operazione appartiene al potere legislativo; le altre due sono del potere esecutivo. Ma di esse – egli conclude – gli scrittori hanno obbliato la prima: o l’hanno confusa colle funzioni del potere legislativo, ed hanno distrutto il potere esecutivo; o l’hanno confusa colla stessa esecuzione, e lo hanno disorganizzato.>>.101
La modernità della riflessione istituzionale cuochiana è impressionante. Certo, si possono non condividere le critiche che egli muove al Progetto redatto da Pagano. E si può non essere d’accordo con le soluzioni che egli propone. Ma non si può negare l’attualità della tensione istituzionale di Cuoco che cerca di bilanciare il delicato equilibrio fra i poteri e l’esercizio della sovranità. Egli avverte e denuncia che << L’errore dei costituzionalisti moderni alla Pagano – spiega bene Ferrone– era quello di ridurre ovunque fosse possibile la forza dei poteri per paura delle prevaricazioni e del dispotismo. Così facendo, – egli prosegue cogliendo appieno l’ essenza dell’ analisi cuochiana – non si accorgevano di dar vita al dispotismo della legge, e cioè a un male peggiore. Molto meglio – egli conclude, formulando ancora un’ efficace sintesi dell’atteggiamento istituzionale dell’autore dei Frammenti – rafforzare tutti i poteri e bilanciarli giocando sugli interessi contrapposti dei corpi intermedi.>>.102 Emblematica, in proposito, l’istituzione della magistratura della censura introdotta da Pagano nel Progetto. Su questa istituzione, preposta per vigilare sui costumi democratici e repubblicani del popolo, può facilmente calare il feroce sarcasmo dell’autore del Saggio. << Come provare, per esempio – si chiede Cuoco – che un uomo viva poco democraticamente, che si comporti con soverchia alterigia, che sia prodigo, avaro, intemperante, imprudente? Tu – egli scrive, rivolgendosi al fraterno amico – riaprirai di nuovo questi processi che assordavano i nostri tribunali nelle dissensioni tra i mariti e le mogli; processi, dai quali, (…) altro non si conchiudeva se non che ambedue avevano moltissimo talento a scoprir le debolezze altrui e pochissima volontà di correggere le proprie.>>.103 La censura non potrà redimere una nazione corrotta. << La censura – egli afferma – potrà conservare i costumi di una nazione che ne abbia; non potrà mai darne a chi non ne ha. In una nazione corrotta – conclude, appellandosi a Russo – tu devi incominciare dal risvegliare l’amore per la virtù.>>.104