Vincenzo Cuoco e il totalitarismo giacobino

Per gentile concessione dell’autore e della redazione Archivio Storico del Sannio , riceviamo e pubblichiamo volentieri di seguito il saggio del prof. Ludovico Martello Vincenzo Cuoco e il totalitarismo giacobino ( tratto da Archivio Storico del Sannio anno XII n°1 gennaio - giugno 2007 ESI Napoli)

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Osservazioni sulla virtù

Negli ultimi brani dei Frammenti, Cuoco sviluppa una sorta di teoria riguardo a cosa debba intendersi per virtù di una nazione e come essa possa essere realizzata. Una prima definizione: << una nazione si dirà virtuosa, – egli sostiene – quando il suo costume sia tale che non renda infelice il cittadino; e se tutte le nazioni potessero essere sagge a segno che, invece di farsi la guerra e di distruggersi a vicenda, si aiutassero, si giovassero, questa sarebbe la virtù del genere umano. >>. 105

Quale dovrà essere il fine della virtù?. << Il fine della virtù – afferma Cuoco – è la felicità, e la felicità è la soddisfazione dei bisogni, ossia l’equilibrio tra i desideri e le forze.>>.106

Come condurre il cittadino alla pratica della virtù? << Rimenerei l’uomo sul diritto sentiero – risponde Cuoco con lucida consapevolezza dei limiti della natura umana – non tanto allontanandolo dal male, quanto avvicinandolo al bene. L’amor della virtù, prima di diventar bisogno, deve essere passione; ma, prima di diventar passione, deve essere interesse.>>.107 Cuoco comprende che l’amore del cittadino per la virtù non dovrà identificarsi con un astratto piano provvidenzialistico inscritto nella storia e finalizzato alla palingenesi catartica del genere umano, altrimenti, egli avverte: << Lo stesso entusiasmo della virtù, spinto troppo oltre, può riuscir funesto all’umanità!>>.108

Il perseguimento della virtù, la realizzazione della felicità devono essere concretizzati, quindi, in obiettivi fattibili qui ed ora! << Ma, filosofi! (…). – esclama Cuoco in un vibrante brano dei Frammenti – Non venite ad insultarci , come Diogene in Atene. Così ci farete ridere di quella virtù nuova che ci vorreste dare, e ci farete perdere quel poco dell’antica che ancor ci rimane. I nostri discorsi non distruggono i nostri bisogni, non accrescono le nostre forze; e noi rimarremo senza quell’equilibrio che solo produce la virtù.>>.109

Ed ancora, proseguendo nella sua analisi razionale e disincantata, conclude: << per risvegliare un poco di virtù nello stato in cui siamo, invece di diminuir la cupidigia, vorrei anzi un poco accrescerla nelle classi inferiori, presentando loro la prospettiva di uno stato di vita più agiato. >>. 110 Semplicemente geniale! Cuoco, così dicendo, anticipa la tesi che, negli anni Ottanta del Ventesimo secolo, renderà famoso lo sfortunato leader socialdemocratico svedese Olof Palme. Allorquando questi sosterrà che l’emancipazione del proletariato potrà essere realizzata lottando non contro la ricchezza, bensì contro la miseria.

Inoltre, lo studioso molisano coglie la tentazione, latente nel variegato sistema ideologico dell’estremismo giacobino, di perseguire l’utopia egalitaria per il ritorno ad una sorta di mitico comunismo primitivo, e ne denuncia i rischi:<< Io non so – egli conclude – quale sarebbe stato il corso di quelle idee troppo esaltate, che talora si sono mescolate ed hanno interrotto e turbato il corso della rivoluzione francese; ma temo che l’effetto sarebbe stato quello di ridurre la Francia in un bosco, dove gli uomini si sarebbero cibati di ghiande, ma i fiumi non avrebbero corso latte e miele, come nell’età dell’oro. Colla barbarie sarebbe ritornata la ferocia, e per i fiumi sarebbe scorso il sangue degli uomini. >>.111

La Magistratura dell’Eforato e la sovranità

Infine, la critica al Progetto si rivolge all’istituzione della Magistratura degli Efori. L’Eforato rappresentava, nel disegno istituzionale redatto da Pagano, qualcosa di simile ad una moderna Corte costituzionale. All’Eforato, infatti, spettavano i compiti di risolvere gli eventuali conflitti d’attribuzione dei poteri e di provvedere all’abrogazione di quelle leggi che fossero state giudicate contrarie ai principi costituzionali.

Pur giudicando l’Eforato come << la parte più bella del progetto di Pagano.>>112, Cuoco non manca di evidenziarne i limiti e di prevederne i conflitti istituzionali di cui l’istituzione potrà rivelarsi foriera. I limiti temporali: la convocazione delle sessioni e la durata in carica degli Efori. Le sessioni dell’Eforato sono previste per soli quindici giorni all’anno; e questo ne riduce l’efficacia. << Quando Pagano restringe le sessioni dell’Eforato a quindici giorni all’anno, non si avvede egli – si domanda lo studioso molisano – che in tal modo gli efori non potranno occuparsi se non delle usurpazioni violente e rumorose, che son sempre poche e dalle quali vi è sempre poco da temere? Io temo – egli ammonisce – le piccole usurpazioni giornaliere, fatte per lo più sotto apparenza di bene, che o non si avvertono o non si curano, e talora anche si applaudiscono, finché l’abuso diventa costume, e si conosce il male solo quando, divenuto grande, insulta i tardi ed inutili rimedi. >>.113

Il Progetto prevede che gli efori restino in carica per un solo anno, e questo ne indebolisce l’azione. In proposito, l’autore dei Frammenti osserva: << Non si avvede Pagano che, facendo rimaner gli efori in carica un anno solo, mentre tutti gli altri magistrati durano più di un anno, essi dovrebbero essere o al sommo virtuosi o al sommo stupidi, per misurarsi con coloro, i quali un momento dopo potrebbero ben vendicarsi di un uomo che la legge condanna a rimaner nella condizione di privato? Qual filosofia è mai quella – egli avverte – che mette sempre in contrasto la volontà con la legge e la virtù con l’interesse?>>.114

Temendo che i singoli Efori possano divenire troppo potenti, Pagano, nel suo Progetto, ne ha previsti un numero elevato; esattamente tanti quanti saranno i dipartimenti della Repubblica ed, allo stesso scopo, ha disposto che le loro decisioni saranno valide se prese con la maggioranza dei due terzi. Ma queste procedure istituzionali non tracciano – secondo l’autore dei Frammenti – i limiti delle competenze fra i vari poteri. << Gli efori, si dice – ricorda lo studioso molisano – debbono invigilare sulla condotta, debbono impedire le usurpazioni di tutt’ i poteri. Di tutti? – Egli si domanda. Poi, proseguendo nel suo ragionamento precisa – : In faccia al potere legislativo, in faccia al sovrano, non ci vogliono gli efori, perché la sovranità è inalienabile. (…). L’opinione di dare all’eforato il diritto d’invigilare sul potere legislativo è nata da che la sovranità non è più nel popolo, ma dei rappresentanti del popolo: se il popolo non può essere usurpatore, possono ben esserlo i suoi procuratori, i quali potrebbero usurparsi quelle facoltà che il popolo non abbia loro concedute. Ma io mi domando allora – egli osserva – ove è la sovranità? Il popolo non l’ha più, perché l’ha trasferita ne’ suoi rappresentanti; i rappresentanti non l’hanno, perché la sovranità è indivisibile, ed essi sono soggetti agli efori. Chi dunque sarà il sovrano? O saranno gli efori, e così cadde la nazione spartana; o non vi sarà sovrano, – quindi, egli conclude – e così cadono tutte le nazioni.>>115

Ecco, finalmente, riemerge, in questo brano, il vero obiettivo della severa critica al Progetto di Pagano da parte di Cuoco: il conferimento della sovranità. << Al di là delle critiche sulla durata del mandato e sul numero degli efori – spiega, in proposito Ferrone – il punto vero della polemica di Cuoco stava, infatti nel rifiuto di risolvere l’eventuale conflitto tra i principi costituzionali e la sovranità popolare a favore dei primi. >>.116 Infatti, dopo appena due pagine, successive all’ultimo brano dei Frammenti prima citato, Cuoco sentenzia: << L’eforato non deve esaminare se la volontà generale sia giusta o ingiusta, ma solo se sia o no volontà generale; e per far questo, non deve riconoscere altro se non quelle solennità esterne, che la costituzione richiede come segni di volontà generale.>>.117

Cuoco è fermamente convinto che, prima di ogni altro principio istituzionale più o meno astratto, sia necessario garantire e preservare l’esercizio della sovranità popolare. L’ipotesi costituzionale cuochiana indica, ancora una volta, nel federalismo delle comunità periferiche l’unico meccanismo in grado di assicurare sia la sovranità popolare sia una forma, per quanto possibile, di democrazia diretta. In questo disegno istituzionale, Cuoco assegna alla Magistratura dell’Eforato la funzione di garante per l’esercizio della sovranità popolare attraverso l’espletamento dei seguenti compiti: a) riconoscimento della legalità di tutti i parlamenti municipali e cantonali; b) organizzazione e direzione delle consultazioni elettorali per la nomina dei parlamentari municipali e cantonali; c) conferimento della cittadinanza dopo, però, la preliminare approvazione dei parlamenti cantonale e municipale di competenza; d) verifica dell’operato ed eventuale sospensione dei parlamentari accusati di aver trasgredito alle istruzioni del cantone o del municipio dal quale ha ricevuto la rappresentanza; e) annullamento degli atti emanati dal potere esecutivo, qualora gli stessi dovessero risultare in difformità con il dettato costituzionale.

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