La terza via cuochiana
Da questo sintetico progetto costituzionale, appena accennato nei Frammenti, risulta evidente che – fra le soluzioni dettate dall’estremismo giacobino o dalla ferocia reazionaria – Cuoco indica una terza via che, tenendo conto della machiavelliana << realtà effettuale delle cose >>, fondi la Repubblica attraverso un processo endogeno che tragga legittimità e consenso dalla linfa delle tradizioni, della cultura e dei bisogni dei suoi cittadini.
Queste indicazione cuochiane sarebbero restate formulazioni epistolari. La Repubblica travolta. Il Saggio redatto in esilio. Eppure, con il tono disperato, ma non rassegnato, dell’amante che sente ancora viva la presenza dell’amata perduta, Cuoco confessa: << Io forse non faccio che pascermi di dolci illusioni. Ma, se mai la repubblica si fosse fondata da noi medesimi; se la costituzione, diretta dalle idee eterne della giustizia, si fosse fondata sui bisogni e sugli usi del popolo; se un’autorità, che il popolo credeva legittima e nazionale, invece di parlargli un astruso linguaggio che esso non intendeva, gli avesse procurato de’ beni reali e liberato lo avesse da que’ mali che soffriva; forse – egli conclude con tono commosso – allora il popolo, non allarmato all’aspetto di novità contro delle quali avea inteso dir tanto male, vedendo difese le sue idee ed i suoi costumi, senza soffrire il disagio della guerra e delle dilapidazioni che seco porta la guerra; forse… chi sa?… noi non piangeremmo ora sui miseri avanzi di una patria desolata e degna di una sorte migliore.>>.118