Il giudizio di Emile Durkheim
Con la pubblicazione di Pro e contro il socialismo e dell’ Utopia collettivista, le tesi merliniane divennero un punto di riferimento obbligato nel dibattito internazionale sulle problematiche che riesaminavano le scelte di metodo e di modello del progetto socialista. Una rielaborazione sintetica che unificava le due opere, nel 1898, fu pubblicata in Francia, con il titolo Formes et essence du socialisme, preceduta da un’attenta prefazione di Sorel. All’uscita del testo merliniano dedicava un lusinghiero articolo, apparso sulla <<Revue Philosofique>>, Durkheim con il significativo titolo: La nouvelle conception du siocialisme. << Vi sono – spiegava il sociologo francese – due specie di socialismo: il socialismo dei socialisti e il socialismo delle cose. Il primo è quello che si trova nei libri dei teorici e nei programmi del partito; esso è racchiuso generalmente in un certo numero di formule, più o meno bene delineate e logicamente sistemate. [Il secondo n.d.r.] il socialismo delle cose è quella spinta, confusa e mezzo cosciente di sé stessa, che affatica le società attuali e le trascina a creare una riorganizzazione delle loro forze, sono i bisogni, le aspirazioni ad un nuovo regime morale, politico, economico, che sorgono dalle presenti condizioni della vita collettiva. Il primo socialismo non fa che tradurre più o meno fedelmente il secondo: ne è un riflesso abbastanza pallido. Perciò – egli concludeva – quello che preme conoscere è l’altro socialismo, il socialismo obiettivo e fondamentale>>. Quindi Durkheim indicava questo secondo tipo di socialismo nelle tesi merliniane, ed affermava: << Ora, secondo il Merlino, questo socialismo obiettivo si riconduce essenzialmente alle due tendenze seguenti che sono, d’altronde, strettamente apparentate e solidali tra di loro: 1) la tendenza verso un regime politico in cui l’individuo sarà più libero, non sarà più sottomesso alla presente gerarchia che l’opprime attualmente, e il governo del popolo diverrà infine una realtà; 2) la tendenza verso un regime economico in cui le relazioni contrattuali saranno veramente eque >>. Con questa sintetica esposizione, il sociologo francese coglie ed indica l’essenza del nucleo centrale di tutta l’opera merliniana: l’ intima natura etico-giuridica del socialismo che cerca forma istituzionale. Infatti egli conclude: <<E’ giusto che tutti gli uomini abbiano eguale accesso ai beni della natura e più generalmente a tutte le sorgenti della ricchezza. Così intesa, la questione sociale appare sotto l’aspetto di questione giuridica. Quest’ideale di giustizia, che confessa oggi la coscienza morale dei popoli inciviliti, si tratta di farlo passare nel diritto positivo, e trasformarlo in istituzioni>>.[45]