Archivio Storico del Sannio gennaio – giugno 2008 (nuova serie)

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L’ “Archivio storico del Sannio” non è una rivista monotematica sicché non è sempre facile individuare un filo comune che allacci insieme i vari contributi e li faccia svolgere gemelli gli uni con gli altri. Questa volta, però, non è così. Non è così perché i lavori ospitati nel presente fascicolo hanno un loro cardine elementare che certo cavalca su tempi, soggetti e storie diverse, ma che pure li stringe tutti insieme intorno ad un ideale fondamentale; fondamentale nel senso preciso che per gli autori di cui si ripropone qui il pensiero e l’azione esso costituisce il fondamento su cui riposa il pregio stesso della vita umana. Questo ideale è la libertà. Una libertà da intendere come spazio protetto ed invalicabile in cui l’individuo, affrancato da divieti e da comandi esterni, si avvezza a decidere da sé del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, e così, temprato all’esercizio della scelta e quindi geloso della sua indipendenza, ricusa di consegnare a terzi la traiettoria della propria vita. Finirà bene? Finirà male quella vita? Non sappiamo. Sappiamo solo che è la sua vita. E tanto basta.

Tanto basta, si capisce, a coloro la cui sensibilità esce riscaldata per l’appunto dal valore dell’indipendenza individuale. Precisamente il valore che, in tempi più risalenti, ha ispirato l’opera di Giuseppe Abbamonte (cui sono dedicate le limpidissime pagine di Damiano Iuliano); o, per venire a epoche recenti, che lampeggia nel magistero di Adolfo Omodeo così  sapientemente  ricostruito da Maurizio Griffo; o nella lezione teorico-pratica di Francesco Saverio Merlino quale rivive nelle pagine appassionate (ed appassionanti) di Ludovico Martello; oppure ancora negli insegnamenti di Gaetano Arfè come riproposti nel lucido saggio di Modestino Verrengia. Per tacere poi di Guido Cortese la cui militanza politica ebbe appunto lì, nella promozione dell’indipendenza, la propria bellezza etica e il suo titolo di onore (testimoniati, l’una e l’altro, da alcuni dei suoi scritti giornalistici che per l’occasione si sono voluti incastonare nella rubrica “In cornice”).

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L’indipendenza dunque; la libertà intesa come indipendenza dell’uomo. E sta bene. Solo che dell’uomo in quanto tale si tratta; né grande né piccolo perciò, né famoso né oscuro: l’attributo dell’indipendenza ciascuno lo possiede (o dovrebbe possederlo) non per altro privilegio che per la sua stessa qualità di uomo. Ora, si dà il caso di uomini che rimangono uomini – ci mancherebbe! – e che pure riescono ferocemente menomati proprio nell’esercizio della loro indipendenza. “I poveri – scriveva per esempio Cortese – non sono mai indipendenti”, “perché non si è mai liberi quando si è schiavi dell’ignoranza” e del bisogno. Dunque? Dunque non basta levare sugli scudi della propria militanza il valore dell’indipendenza. Ancora meno conta annunciarla a gote enfiate. Quello che occorre è volerla per davvero l’indipendenza. E volerla per davvero significa – tanto sul versante liberale di Cortese e di Omodeo (si pensi alla sua “libertà liberatrice”) quanto sul versante socialista di Merlino e di Arfè – significa, dicevamo, impegnare lo Stato a raddrizzare le storture sociali così che pure i meno favoriti, pure i più colpiti dalla sorte, pure loro possano valersi nel fatto di quelle libertà che, formalmente, in punto di diritto, si annunciano come eguali per tutti. Occorre insomma che la libertà non vada mai disgiunta dalla giustizia sociale. Perché è senz’altro vero che la giustizia senza la libertà mette capo alla tirannia; ma non è meno vero che la libertà senza la giustizia si rattrappisce nel privilegio e perde la sua luce di nobiltà, riducendosi a smargiassata retorica (tanto più insopportabile quanto più ammantata di rotonde e sonanti parole). Che un modo, poi, per ricordare come il fiore della nostra civiltà rimane pur sempre consegnato all’incontro – che su specifici punti può anche essere un incontro-scontro – tra le forze liberali e i movimenti socialisti.

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Chissà che le sventure che si accaniscono contro i giorni nostri non derivino proprio da qui, dall’assenza di uomini per i quali  la libertà è un istinto, la giustizia una passione e il riscatto  dei deboli un bisogno.

Gaetano Pecora

 INDICE  

Editoriale

 Gaetano Pecora

STORICI DEL MERIDIONE

Maurizio Griffo,      Adolfo Omodeo a Napoli. Modestino Verrengia, Gaetano Arfé e la storiografia socialista in Italia.  

POLITICI DEL MERIDIONE

Ludovico Martello,   Il socialismo etico di Francesco Saverio Merlino.

Gaetano Pecora,   Guido Cortese, un liberale coerente.

PAGINE DI STORIA LOCALE

Damiano Iuliano, “Le circostanze nostre sono differenti?” Il progetto costituzionale di Giuseppe Abbamonte (1797).

IN CORNICE

Guido Cortese, Silloge di articoli giornalistici