lunedì, Dicembre 2, 2024

Dal Kenya la rivolta della generazione Z: le proteste e le violenze

Le proteste della generazione Z in Kenya: 39 morti e 200 arresti a causa dell'aumento delle tasse e degli abusi delle forze dell'ordine.

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Le dimissioni del governo keniano

Le modifiche alla legge finanziaria 2024-2025 non sono state sufficiente a placare gli animi in Kenya.

Secondo la Commissione nazionale per i diritti umani del Kenya (Knhcr) dal 18 giugno, giorno in cui sono iniziate le proteste contro l’aumento delle tasse, ci sono stati 39 morti e 200 arresti.

Le violenze e gli abusi perpetrati dalle forze dell’ordine hanno incrementato il malcontento della folla.

La folla riunita in svariate piazze del paese e armata solo di smartphone ha cominciato invocare le dimissioni del presidente William Ruto.

Le dure contestazioni smuovono l’intransigenza presidente.

Il presidente corre ai ripari e «dopo aver ascoltato ciò che ha detto il popolo» modifica il Kenya Finance Bill.

IL presidente annuncia le dimissioni della maggior parte dell’esecutivo.

Dal repulisti presidenziale sono salvati solo il vicepresidente Rigathi Gachagua e il ministro degli esteri Musalia Mudavadi.

Come spesso accade in questi casi ascoltare il popolo significa urtare i mercati, la cui reazione non si è fatta attendere.

L’agenzia di rating Moody’s declassa il Kenya da B3 a Caa1, classificandolo come paese a rischio di credito molto elevato.

Leragioni delle proteste e delle violenze

Da Nairobi a Mombasa, da Nakuru a Garissa i giovani keniani scendono in piazza per protestare contro la politica economica del governo.

È la voce della generazione Z.

I nati tra i due millenni, a chiamare Ruto Zaccheo che nella Bibbia è l’esattore delle tasse di Gerico.

Per lo più la folla è composta da giovani studenti universitari che contestano l’aumento delle tasse.

L’imposta aggiunta sui beni di consumo (pane in particolare) per sanare il bilancio.

Le manifestazioni sono organizzate tramite Tik Tok, il social più usato nel paese dell’East Africa. I contestatori ci tengono a sottolineare l’equidistanza da ogni forza politica e la spontaneità delle proteste.

A Raila Odinga, leader del primo partito di opposizione, è stato chiesto espressamente di non scendere in piazza.

Per sfruttare la spontanea mobilitazione popolare a fini elettorali.

Il giugno keniano, per Mutuma Mathiu, storico giornalista del paese, ha trasformato la situazione socio-politica del Kenya. «Protest politics –scrive Mathiu sul suo account X – found a new fulcrum and a new and different geneation of Kenyans found their rather loud voice».

Giovane e non instabile

Le proteste in Kenya, figlie di una realtà magmatica, mostrano un dato incontrovertibile per chi vuole guardare agli sviluppi politici africani libero dal pregiudizio eurocentrico. I giovani africani, in special modo i keniani, non vivono «sulle soglie della storia» (Hegel).

Le proteste della generazione Z dimostrano che in Africa, anche lì dove non operano le milizie Wagner.

I governanti democratici sono chiamati a rispondere delle loro operato.

È un atteggiamento miope ritenere l’Africa il terreno dello scontro manicheo tra l’Occidente liberal-capitalistico e l’Oriente dispotico.

In alcune regione dell’Africa fioriscono giovani democrazie liberali.

Tali democrazie non possono essere catalogate come semplici copie di quelle europee o, peggio ancora, emulazioni di modelli astratti e a-storici.

In caso contrario si corre il rischio di pensare che in tutta l’Africa le istituzioni democratiche siano fragili. Infatti, la fragilità statale o la totale assenza di libertà civili e politiche possono riferirsi alle autocrazie africane ma non all’Africa nella sua totalità.

Per questo è consigliabile guardare all’Africa come un poliedro complesso che insieme ai regimi militari, agli Stati falliti o alle cleptocrazie presenta anche forme di democrazie liberali.

L’Africa è un continente complesso e contraddittorio.

La caratteristica della democrazia africana (il caso keniano ne costituisce l’esempio emblematico), è che si tratta di democrazie giovani.

Quando si è giovani, e in Kenya l’età media è di 20 anni, il sangue ribolle mescolando sogni e aspettative nel desiderio prometeico di cambiare il mondo. Zaha Indimuli, una delle voci della protesta keniana, dichiara a un giornalista della BBC: «we were able to mobilise ourselves […]. This is only the beginning of the revolution. We are coming, we are many and in good numbers».


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Orizzonti africani

Lontani da un passato che li pretende rinchiusi in stereotipi razzisti e paternalisti.

I giovani africani sembrano condividere quello che Jean Leonard Toudi chiama un «nuovo panafricanismo» e un «afro-capitalismo». Ma la domanda sorge spontanea: si tratta di un progetto alternativo che sboccia dall’albero del multi-allineamento oppure è il revival di vecchi e fallimentari modelli?

Al momento non esiste una risposta definitiva: la tendenza è ondivaga tra le due posizioni.

Ciò che è certo è che in Africa le élite africane (politiche, economiche e culturali) stanno elaborando metodi di partecipazione alle decisioni globali.

Svincolandosi da una logica bipolare e attuando una politica di alleanze a geometria variabile.

In un contesto internazionale così fluido, per molti giovani africani (keniani, senegalesi, ivoriani, sudafricani, ecc.)

le libertà civili e la governance democratica somigliano a orizzonti infuocati e non solo a fredde procedure costituzionali.

E l’Europa, ostaggio delle proprie paranoie, guarda con timore alla giovane Africa che le ricorda la nostalgia, sublime e tragica insieme, di danzare fino all’alba in preda all’estasi di una visione.

Vito Varricchio
Vito Varricchiohttps://www.politicamagazine.it/author/vito-varricchio/
Docente di Storia e istituzioni dell' Africa e di storia delle dottrine politiche.
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