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Per una chiesa trasparente in politica servirebbe abolire il concordato

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Corriere della Sera”, 29 dicembre 2012

Cosa accadrebbe se si abrogasse il Concordato e si mantenesse solo il Trattato (l’altro documento dei Patti Lateranensi) sullo statuto internazionale dello Stato vaticano? Probabilmente cadrebbero i vincoli e i conflitti che oggi distorcono i rapporti tra Stato e Chiesa. Una tale ipotesi potrebbe essere un buon capitolo dell’agenda Monti che, in tal modo, si collegherebbe ancor più all’Europa dei diritti, e si libererebbe dall’impressione – sbagliata ma diffusa – di essere una pedina del gioco vaticano. E sarebbe per il Bersani riformatore una buona occasione per superare lo strumentalismo togliattiano e il cattocomunismo berlingueriano ispirato da Irma Bandiera e Maria Goretti.

La Chiesa, per bocca del segretario di Stato vaticano cardinal Bertone e del presidente dei vescovi italiani cardinal Bagnasco, ha di fatto considerato carta straccia le norme del nuovo Concordato del 1984. All’art.1 si stabilisce che “La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio”; e all’art.2 che “La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione”. Allo stato non sembra che le recenti prese di posizioni della Chiesa siano conformi alle disposizioni liberamente accettate dalle due parti.

Certo, l’idea di un Italia libera dai lacci concordatari alla stregua delle democrazie europee può sembrare un sogno liberale. Ma si tratta di un sogno che produrrebbe un maggiore slancio spirituale nei credenti e un più onesto panorama politico per gli italiani tutti. Se domani vi fossero parlamentari in tonaca o clergyman (come l’indimenticabile don Sturzo), e si potessero leggere manifesti elettorali chiaramente affissi fuori dalla chiese, si restituirebbe anche al mondo cattolico quella libertà indivisibile che deve presiedere sia alla religione che alla politica. Senza però che i patti concordatari inquinino con l’ambigua casistica del potere e del denaro i rapporti tra Stato e Chiesa.

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Massimo Teodori

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