martedì, Marzo 19, 2024

Uno per tutti

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E’ ormai fuor di dubbio che, in Italia, c’è un altissimo deficit di democrazia rappresentativa e plurale.
Le elezioni siciliane lo hanno testimoniato attraverso l’ampia maggioranza raggiunta dall’’astensionismo: limitata la partecipazione e altrettanto scarsa la preoccupazione di tutti, indistintamente uniti nel gioire delle rispettive vittorie dimezzate.
I partiti padronali di quest’’ultimo ventennio hanno concepito la democrazia come espressione delle volontà e delle priorità d’un singolo elevate all’’ennesima potenza: così per il PDL, per la Lega, per l’Italia dei (porta)valori. E, in linea generale, un po’ per tutti quei gruppi dirigenti che hanno prolificato grazie all’’ossequio ricompensato con la cooptazione o i favoritismi rivolti ai famigli (e ai familiari in cerca di prima occupazione ottimamente retribuita e ottenuta quasi per diritto dinastico).
L’adozione del governo tecnico, seppur di durata limitata e per quanto contemplato come frutto della nostra democrazia parlamentare, laddove caratterizzato dal sistematico ricorso alla decretazione d’urgenza e d’emergenza, è anch’’esso e pur sempre una minusvalenza di quelli nati come espressione della sovranità popolare.
Oggi le ‘nuove’ forze in campo, si (rap)presentano identifiche a questo modello dell’’uomo solo come unico portavoce da amplificare.
Potrebbe apparire un paradosso anti storico ma il berlusconismo, come modello politico, ha vinto o, quantomeno, conquistato enorme terreno.
Siamo, tutti e sempre, alla ricerca del solitario uomo (nuovo) non come guida ma come salvatore o purificatore dei nostri mali.
C’è di più e di peggio: il Mo’ Vi Mento 5 stelle, nell’’idea-azione di chi lo eterodirige, pare voler portare questo tipo di rappresentazione al parossismo.
Non sono, in questo senso, un bel vedere e sentire, le reprimende e la totale negazione della presenza in video e in audio di altri volti e altre voci, oltre quella del grande assente, onnipresente, onnisciente e ampiamente amplificato dai media tradizionali che dice di disdegnare (perlomeno tutti quelli che non sono disposti a favorire le sue incursioni con il dovuto atto di genuflessione).
La buona informazione, per il nuovo conducator, è un abito cucito su misura: sono tutti uguali questi solisti che non tollerano il confronto o temono che alcune delle loro immani cazzate siano analizzate e confutate.
Se non fosse, anche in questo caso per niente democratico, per parità di trattamento e per contrappasso, bisognerebbe relegare l’uomo medio dei nuovi media nel recinto che dice di amare e prediligere, per verificare, a quel punto, la reale portata di questa sua democraticissima visione, sempre gestita e manipolata da una ristrettissima oligarchia che teorizza una partecipazione diretta poi dirottata, nella pratica del vertice pur sempre piramidale, su scelte esercitate dal (pre)potere degli uni che contano e pesano più degli altri. È la democrazia diretta… sì, da Casaleggio e Grillo!
Anche il M5S si è allontanato, e non poco, dalle buone intenzioni della condivisione nella scelta delle candidature: l’ampio margine si è ridotto ad una gestione circoscritta a pochi che, grazie all’apparente libertà data dall’assenza di regole certe, amministrano il tutto attraverso un direttorio in quotidano divenire.
Tutto il resto sono mere teorizzazioni di chi vuol mantenere fermamente nelle sue mani capacità decisionali e rappresentanza: la sedicente piattaforma liquida, in questo caso, non esiste se non come solido strumento in poche mani. Il problema è, allora, il solito: chi controlla i controllori?
Le giuste intuizioni e la completa buona fede dei seguaci risultano, pertanto, offuscate da chi, direttamente o indirettamente, manipola possibili maggioranze spogliate e sprovviste di qualsiasi potere decisionale.
Esistono gli imperativi categorici, i diktat, le imposizioni d’una voce che pretende l’unanimità silenziosa.
Putacaso che Grillo, su suggerimento delle falangi della levatrice Travaglio e del gruppo degli A$$ociati, attorno a cui ruota tutto il merchandising, proponga il salvataggio di quel Di Pietro, che certo non si è particolarmente distinto rispetto alle pratiche padronali e del piccolo privilegio dei congiunti, gli altri aderenti devono osannare la profezia dell’’illuminato di turno.
Sinché non ci si renderà conto, alla fine dell’’orgia iconoclasta, che gli illuminati in alcune loro esternazioni sono totalmente fulminati.
La realtà d’una politica che non può sopravvivere solo nutrita di cloni ci renderà noto, da qui ai prossimi 10 anni, cosa e quanto riuscirà a sopravvivere al fatale declino dell’’ennesimo capetto carismatico. Vedremo, inoltre, come e quanto gli atti notarili o le scritture private riusciranno a conciliarsi, in assenza di qualsiasi riforma costituzionale, con l’attività di chi sarà chiamato a svolgere il suo ruolo senza vincolo di mandato.
Intanto quel movimento, così denso di novità, è per ora abbondantemente infarcito di ex cultori e orfani d’altri miti decaduti o decadenti, di ex verdismo laceratosi nelle faide interne su cui ha prevalso il piccolo affarismo e l’arrivismo, sempre familistico, di chi è divenuto piccolo e famelico gruppo dirigente, di sinistra estromessa desiderosa di riscatto, avvelenata con la restante parte organica e dominante.
A delirio s’aggiunge ulteriore farneticamento, di un invasato pacifico filosofo avvelenato, pronto a scatenare la sua ira funesta dicendosi disposto a votare, sull’’altro versante dell’’idiotismo toscano fattosi politica giocata in solitaria, il Sindaco (Fi)Renzi che propone nuovi prototipi che sanno, non d’antico, ma di vecchio, per favorire così l’avvento degli autentici, puri e unici rivoluzionari.
Occorrerebbe interrogarci su quale democrazia vogliamo: autenticamente rappresentativa o espressione di disciplinate orde rivoluzionarie a cui impartire ordini sul da dirsi e sul da farsi?
E, soprattutto, vogliamo favorire un governo come espressione della volontà popolare o dar corpo ad una massiccia opposizione?
Vogliamo provare a darci un governo sovrano o rassegnarci ad essere gestiti da strutture sovranazionali, senza quella necessaria autorità, anche in questo caso, derivante dall’’investitura democratica di quegli Stati UnitiEuropa che vanno politicamente (ri)fondati per affrontare la crisi a tutti i livelli?
Intanto, in Italia, alla democrazia dei nominati s’affianca quella dei senza volto e senza voce.
Non c’è più altra speranza per questa nostra democrazia malata?

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Giovanni Maria Sini

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