Good bye UK! Good bye UE!

La Gran Bretagna abbandona l' Europa

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L’Unione Europea appare sempre più come una di quelle noiosissime ma obbligatorie cene di famiglia, intesa in senso patriarcale, dove si incontrano zii e cugini che si preferirebbe non vedere. E proprio la Gran Bretagna, la più isolazionistica tra i commensali, una sorta di zia zitella, decide di abbandonare il banchetto. Ebbene sì, la Gran Bretagna, attraverso un referendum popolare, ha chiesto ai suoi cittadini se rimanere o lasciare l’UE. Il popolo ha scelto di andarsene. Il Vecchio Continente è stato travolto da un’onda indipendentista e autonomista.

I movimenti populisti ed euroscettici di Francia, Olanda e Italia chiedono ad alta voce di indire un referendum anche per i loro paesi. Signori, i bulli sono tornati in azione. In nome di una presunta sovranità nazionale, di una forza costituente e popolare, queste tarantole, come le chiama Nietzsche, muovono le loro accuse alla società capitalistica e al liberismo, criticano l’esistente, perché frustrati, repressi e insoddisfatti di tutto senza proporre nulla. A questi, si aggiungono i soloni dell’intelighentia radical chic, che dai loro pulpiti criticano il voto popolare quando questo non rappresenta quelle che sono considerate «le magnifiche sorti e progressive».

Tutto ciò non fa altro che ingenerare confusione, paura e rabbia. I movimenti populisti, però, pongono sotto gli occhi di tutti (ma soprattutto di chi vuole guardare senza fare preventiva ideologia) l’assenza di una legittimazione e di una funzionale integrazione. Purtroppo, fenomeni come l’Erasmus non bastano, perché, in tal caso, avviene solo una conoscenza superficiale tra giovani di ogni luogo. Nascono amicizie, amori ma manca una vera e propria integrazione. Non si genera quell’orgoglio di obbedire che tiene unita qualsiasi forma sociale.

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Tra la società e i suoi rappresentanti esiste uno iato, che la sola procedura giuridica o i semplici modelli economici non possono colmare. La cosiddetta cittadinanza europea si avverte solo perché si può viaggiare senza passaporto. Troppo poco! E poi, nei periodi di crisi economica e sociale una propaganda culturale rivolta solo al puro formalismo del viaggio, con conseguente critica per chi non vuole abbandonare la propria terra, aumenta le differenze sociali e lo scontro.

Alcuni potrebbero non poterselo permettere. Posta così, la libera circolazione reifica l’individuo, lo rende tutt’al più un consumatore di pacchetti turistici. L’ideologia del successo a tutti i costi, che si collega a doppio filo con quella del viaggio permanente, potrebbe incrinare la più sacra, la più lucente delle libertà individuali, quella di decidere autonomamente della propria esistenza. Bisogna rispettare anche scelte differenti. Potrei non voler diventare ambasciatore o diplomatico ma voler vivere dignitosamente in un piccolo paesino di provincia. Lo studente universitario che cresce intellettualmente grazie all’Erasmus non ha nulla di più della giovane cameriera, che ha il coraggio di sposarsi.

L’Europa consta di entrambe le individualità e non solo. L’Europa consta di infinite e molteplici individualità, le quali devono essere salvaguardate, garantite e aiutate dall’oppressione della tirannia della maggioranza che rischia di opprimerle, creando uno stato di cose non solo noioso ma addirittura pericoloso, per le libertà e per la vita.

La commissione europea, forse, ha perso due importanti occasioni (la prima con il referendum in Grecia, la seconda con la Brexit) per dare maggiore impulso non solo alla propria legittimazione democratica, di cui si critica la mancanza, ma anche a quella formale, che orami appare sempre più vuota, di cittadinanza europea. Infatti, le istituzione europee, prendendo la palla al balzo, avrebbero potuto estendere questi referendum a tutti i cittadini europei.

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Che siano anche i lituani, i norvegesi e i portoghesi a decidere se la Gran Bretagna deve uscire dall’Unione! Lasciare tutto in balia delle procedure (sacrosante, per carità) del Trattato di Lisbona, significa rimanere a guardare un uomo aggrappato sull’orlo del precipizio. L’uomo in questione è l’Unione Europea, la quale, solo per il motivo di aver limitato (ma non annullato, se si ricorda gli ultimi massacri in ex-Jugoslavia) le guerre fratricide sul continente, merita di essere in vita. Ma se non deve morire, stritolata dai particolarismo nazionalistici, non è detto che non debba cambiare. È inutile nascondersi dietro un dito il sistema Europa, così come è, non funziona.

Non ambiamo alla perfezione, quella la lasciamo ai metafisici. Il bianco e il nero, giusto e sbagliato sono categorie troppo nette, preferiamo le sfumature e non riteniamo possibile l’instaurazione di un regime utopistico, dove tutto funzioni alla perfezione, perché tutti ci muoviamo sincroni al volere della maggioranza o dell’opinione presunta pubblica. Il periodo di crisi economica e finanziaria ha evidenziato alcune storture, alle quali vanno posti degli aggiustamenti. Questi possono essere attuati solo tramite riforme. Ecco il nodo cruciale, si necessita di riforme, anzi di riformisti. Si ha bisogno di una svolta politica importante e decisa. Il patto socialdemocratico a livello europeo potrebbe essere una risposta sensata alla mancanza di fiducia nelle istituzioni europee e ai problemi sociali, linfa per ogni demagogo e mastice per l’instaurazione di qualsiasi tirannide.  

Vito Varricchio