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Le identità negate e la tentazione liberticida

La falsificazione storica in atto è tanto più grave in quanto cancella la memoria storica e induce le giovani generazioni a ritenere che il regime in cui essi vivono sia stato, da sempre, e sia tutt’ora un fulgido esempio di liberaldemocrazia. Di democrazia forse. Di liberalismo non ancora completamente. Nelle formazioni politiche sia di sinistra che di destra permangono profonde riserve nei confronti dei valori liberali. Falsificare la storia è il peggiore dei crimini nei confronti delle giovani generazioni. Significa negare loro la possibilità di formarsi liberamente una loro identità politica. Infatti coloro che non hanno memoria del passato non possono progettare e sperimentare il loro futuro e sono, per questo, condannati a vagare senza mete come sospesi in un eterno presente. Per cui può risultare fatale che la loro disaffezione nei confronti di un sistema politico degenerato, che non indica scopi collettivi da perseguire, si possa trasformare nel rifiuto tout court del modello liberaldemocratico e possa generare una consolatoria adesione ad un modello politico liberticida.

Quando la lotta tra i poteri dello Stato – condotta con spietato cinismo e nello spregio della tutela dei diritti dei singoli e della collettività — viene presentata come la più alta espressione della pratica della libertà è proprio allora che la libertà – così mistificata – potrà essere giudicata dannosa dagli attori sociali. Ed è a questo punto che essi potranno essere indotti a ritenere giusto rinunciare ad una tale illusoria libertà per ristabilire un rassicurante ordine. Una sorta di fuga dalla libertà.

Affinché le nuove generazioni possano costruire un futuro migliore, è necessario che la memoria storica non sia rimossa, né falsificata. << La storia, che è la nostra occupazione del passato – ricorda in proposito Ortega y Gasset – nasce dalla nostra preoccupazione per il futuro. (…) tutta la storia nasce come un riflesso della nostra curiosità, che si affanna per conoscere il futuro e l’avvenire, e che ci spinge a scoprire il passato. Il ricordare, il guardarsi alle spalle, l’osservare il passato non sono atti spontanei che si verificano naturalmente, ma nascono quando di fronte a questa terribile indecisione che è il futuro, cerchiamo intorno a noi i mezzi per affrontarla >>.

Le basi epistemologiche del liberalismo e del totalitarismo: falsificazionismo e scienza dei fini.

Per smascherare i tentativi di contraffazione politica e stabilire quale opzione possa essere definita liberale e quale illiberale è necessario indicare alcuni precisi criteri di classificazione. Per prima cosa è necessario indicare la propria scelta epistemologica, cioè precisare quale è la concezione di scienza politica che fa nascere il nostro agire politico. A tale proposito, per fare chiarezza è giusto precisare che: si possono distinguere tre concezioni del rapporto fra scienza e politica:

• una concezione strumentalistica secondo cui la scienza può indicare le conoscenze necessarie al perseguimento degli scopi politici è può calcolare le conseguenze oggettive delle decisioni degli operatori politici, ma non può dire nulla sui fini e sui valori.

• Una concezione riduzionistica di tipo metodologico, secondo cui la scienza può dare agli operatori politici non solo conoscenze tecniche, ma anche procedure e regole di condotta atte a razionalizzare la loro azione.

• Infine: una concezione secondo cui la scienza può e deve dettare agli operatori politici i fini della loro prassi nonché i valori che devono ispirarla.

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