Venti di cambiamento
Nel giorno del suo quarantaquattresimo compleanno – 25 marzo 2024 – il candidato del partito di opposizione Pastef (Patriottici africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fratellanza):
Bassirou Diomaye Faye viene eletto Presidente del Senegal con più del 50% dei voti.
Faye ha sbaragliato la concorrenza di ben 16 candidati.
Tra cui quella dell’ex primo ministro Amadou Ba, volto della coalizione di governo Benno Bokk Yakaar (Uniti nella Speranza).
Diomaye che significa “l’onorevole” nella lingua dei serere. Terzo gruppo etnico del Senegal dopo wolof e puhl.
E’ di fede mussulmana e si dichiara un uomo di sinistra, progressista con idee panafricaniste e sovraniste.
Non stupisca questo incrocio che forse infastidisce i puristi europei ma in Africa, le antinomie del vecchio continente trovano sintesi inaspettate.
Il programma antisistema
Il programma politico di Faye è stato elaborato dall’amico e mentore Ousmane Sonko.
Si presenta come un cambio di rotta rispetto al passato.
Faye e Sonko vogliono contrastare la corruzione.
Faye e Sonko ritengono che la collaborazione con la Francia e l’adesione al CFA, moneta gestita dalla banca centrale francese, vadano ripensate.
Sostengono la necessità di rinegoziare le concessioni per l’estrazione delle risorse minerarie del paese, valutando l’opportunità di aprirsi a nuovi partner internazionali.
Infine, propongono l’istituzione di una moneta unica per i paesi membri dell’ECOWAS.
Dalla detenzione alla presidenza
Faye viene arrestato lo scorso mese di aprile (2023) per la diffusione di fake news e oltraggio alle istituzioni tramite un post su Facebook.
Il post criticava le posizioni della magistratura contro Sonko.
Tre mesi dopo Faye, anche Sonko viene arrestato con le accuse di sobillazione e atti immorali nei confronti di minorenni.
Per Sonko arriva anche la condanna.
I due, però, hanno saputo sfruttare la situazione a proprio vantaggio, presentandosi agli elettori senegalesi come dei perseguitati politici per il loro programma anti-establishment.
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La paventata svolta autoritaria
Quando, pochi mesi prima del voto, il presidente Macky Sall rinvia le elezioni sine die.
Le strade di Dakar e delle maggiori città senegalesi diventano il teatro della rivolta giovanile.
Durante le proteste perdono la vita quaranta persone e i feriti sono più di un centinaio.
Dai siti di informazione europei trapela il timore di un golpe militare.
Ma il Senegal ha una tradizione democratica relativamente lunga se paragonata agli altri Stati del continente. Infatti, il Consiglio costituzionale, forte dell’indipendenza della magistratura, giudica subito incostituzionale il provvedimento presidenziale, intimando la fissazione di una data nel più breve tempo possibile.
A pochi giorni dalle elezioni Sall fa anche approvare l’amnistia con la quale vengono liberati sia Sonko che Faye.
Il quale diventa il candidato principale dell’opposizione, perché il Consiglio costituzionale rigetta la candidatura di Sonko, già condannato in precedenza.
La democrazia è salva e il Senegal resta, ad oggi, l’unico Stato dell’Africa occidentale a non aver conosciuto un regime militare.
Il passato del Senegal
La stabilità delle istituzioni democratiche deriva dall’azione politica del primo presidente del Senegal indipendente, il poeta Leopold Sédar Senghor.
Costretto dalle oggettive leggi che regolano la genesi di uno Stato nato solo nel 1960.
Senghor governa il paese con metodo autocratico.
A forti tinte paternalistiche per fondare una norma di legittimità in un territorio popolato da diversi etnie, divise tra cristianesimo e islam.
Quando, però, avverte che i valori democratici hanno pervaso buona parte della società civile.
Abbandona la politica e dal 1980, il Senegal, ha conosciuto elezioni democratiche che soddisfano gli standard minimi della liberal-democrazia.
I risultati delle elezioni
I risultati delle elezioni senegalesi mostrano una tendenza chiara se correlati a quelli delle elezioni nigeriane del 2023. In primo luogo, i cittadini senegalesi e nigeriani hanno un’età media di 18 anni, più bassa rispetto alla media continentale che è di 20 anni. Ecco perché l’Africa può essere il futuro: è il continente più giovane del mondo!
In secondo luogo, i risultati delle elezioni senegalesi e nigeriane dimostrano che, là dove i giovani votano, a vincere è il partito del cambiamento.
- In Senegal, l’affluenza è stata vicina al 60% (su 7.3 di elettori).
- Affluenza in Nigeria solo del 27% (anche se su 87 milioni di elettori): eletto Bola Tinubu, candidato della compagine governativa.
Per vedere se la tendenza sarà confermata basterà attendere le elezioni in Sudafrica (29 maggio 2024).
Futuro dell’ Africa
Dunque, il futuro dell’Africa sembra appartenere a una nuova generazione di leader, che vive un mondo diverso da quello dei loro nonni, i quali dovevano rompere con il colonialismo e creare degli Stati indipendenti dal nulla.
Al di là dei luoghi comuni sull’Africa e dei problemi securitari che interessano solo alcune regioni (Sahel e Corno d’Africa in particolare), troviamo dati che fanno ben sperare.
Ad esempio, il Fondo Monetario Internazionale ha pronosticato una crescita del PIL reale senegalese pari al 9,2%.
Secondo l’UE – per dare un’idea – l’Italia nel 2024 crescerà dello 0,7%.
Le sfide che attendono il Senegal di Faye sono le stesse che attendono parte dell’Africa:
- conservare e rafforzare le istituzioni della liberal-democrazia;
- realizzare un modello di crescita sostenibile che garantisca benessere diffuso e scardini quella economia degli aiuti che ha alimentato la sopravvivenza di Stati cleptocratici.
Ma soprattutto, compito della nascente classe governante è decolonizzare le menti.
Solo abbandonando la falsa narrazione che ogni problema africano sia ascrivibile al colonialismo, gli africani potranno conquistare il regno della responsabilità, parafrasando una famosa frase di Kwame Nkrumah.